Appunti sui principali temi della materia: dalla cellula e il suo funzionamento, ai tessuti, agli apparati: nervoso, respiratorio, circolatorio, muscolo-scheletrico. Di tutti gli argomenti si esplorano scopi e modalità di funzionamento.
Fisiologia: un approccio integrato
di Domenico Azarnia Tehran
Un preciso riassunto del manuale di fisiologia. Trattati i principali temi della
materia: dalla cellula e il suo funzionamento, ai tessuti, agli apparati: nervoso,
respiratorio, circolatorio, muscolo-scheletrico. Di tutti gli argomenti si esplorano
scopi e modalità di funzionamento.
Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso: Scienze Biologiche
Esame: Fisiologia animale
Titolo del libro: Fisiologia: un approccio integrato
Autore del libro: Dee U. Silverthorn
Editore: CEA
Anno pubblicazione: 20071. Introduzione alla fisiologia
La fisiologia animale si occupa della funzione dei tessuti, organi e sistemi di organi degli animali
pluricellulari. Il fisiologo cerca di comprendere in termini chimici e fisici i meccanismi operanti negli
organismi viventi a tutti i livelli, andando dall'ambito subcellulare all'organismo intero. Comunque, il
termine “fisiologia” letteralmente significa “studio della natura”.
SISTEMI FISIOLOGICI
Al livello base gli atomi degli elementi si legano a formare le molecole. La più piccola unità strutturale in
grado di realizzare tutti i processi vitali è la cellula. Una cellula è un insieme di molecole separate
dall'ambiente esterno da una barriera chiamata membrana cellulare (o plasmatica). Gli organismi semplici
sono costituiti da un'unica cellula, mentre gli organismi complessi hanno molte cellule con differenti
specializzazioni strutturali e funzionali. Gli insiemi di cellule che presentano funzioni correlate sono detti
tessuti. I tessuti, a loro volta, formano unità strutturali e funzionali definite organi e gruppi di organi
integrano la loro funzione per creare sistemi organici. Quest'ultimi sono in tutto dieci. Il sistema
tegumentario, composto dalla cute, forma una barriera protettiva che separa l'ambiente interno da quello
esterno. Il sistema muscolo-scheletrico, provvede al sostegno e al movimento del corpo. Quattro sistemi
diversi scambiano, invece, materiale tra l'ambiente esterno e quelle interno, il sistema respiratorio scambia
gas, il sistema digerente assorbe nutrienti e acqua ed elimina gli scarti, il sistema urinario rimuove l'eccesso
di acqua e materiale di scarto e il sistema riproduttivo che produce i gameti. I rimanenti quattro sistemi si
estendono in tutto il corpo: il sistema circolatorio distribuisce materiali pompando sangue attraverso i vasi, i
sistemi nervoso ed endocrino che coordinano le funzioni corporee e il sistema immunitario diffuso ovunque
nel corpo.
FUNZIONE E PROCESSO
Funzione e processo sono due concetti correlati in fisiologia. La funzione di un sistema o di un evento
fisiologico è il “perché” del sistema o dell'evento: perché il sistema esiste e perché l'evento accade? Questo
modo di ragionare su un argomento è definito approccio teleologico. Per esempio la risposta teleologica alla
domanda perché i globuli rossi trasportino ossigeno è perché le cellule hanno bisogno di ossigeno e i globuli
rossi glielo portano”. Invece i processi (o meccanismi) fisiologici sono il “come” di un sistema. Quindi
l'approccio meccanicistico alla fisiologia esamina i processi . E dunque, la domanda di prima con questo
approccio viene risposta con “l'ossigeno si lega alle molecole di emoglobina contenute nei globuli rossi”.
LA FISIOLOGIA E' UNA SCIENZA INTEGRATIVA
I fisiologi sono abituati a riflettere sull'integrazione delle funzioni tra diversi livelli di organizzazione, dalle
molecola all'organismo vivente. Una delle sfide attuali in fisiologia è integrare le informazioni sui diversi
sistemi corporei in un disegno unitario del corpo umano vivente. Questo processo è reso più complicato dal
fatto che molti sistemi complessi, compresi quelli del corpo umano, possiedono proprietà emergenti, cioè
proprietà che non possono essere desunte a partire dalla sola conoscenza dei singoli componenti del sistema.
Negli esseri umani, tra le proprietà emergenti più complesse troviamo, l'emozione, l'intelligenza e altri
aspetti della funzione cerebrale, nessuno dei quali può essere desunto dalla sola conoscenza delle proprietà
individuali delle cellule nervose.
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Fisiologia: un approccio integrato 2. Omeostasi
La maggior parte delle cellule del nostro corpo ha una scarsa tolleranza ai cambiamenti dell'ambiente
circostante. In questo senso le cellule sono simili ai primi organismi che vivevano nei mari tropicali,
ambienti stabili ove salinità, contenuto di ossigeno e pH variano poco e dove la luce e la temperatura variano
ciclicamente in modo regolare. A man mano che gli organismi si sono evoluti e si sono spostati dai mari agli
estuari hanno incontrato ambienti esterni più variabili. Le piogge diluiscono le acque salate degli estuari e
gli organismi che lì vivono devono gestire l'ingresso di acqua nei loro liquidi corporei. Gli organismi terresti
cedono costantemente acqua interna all'aria secca che li circonda. Gli esseri viventi che sopravvivono in
questi habitat affrontano la variabilità esterna mantenendo il loro ambiente interno relativamente stabile, una
capacità detta omeostasi (da homeo, simile + stasis, condizione). In poche parole, ripetendo, le variazioni
ambientali che interferiscono all'esterno di un animale avrebbero un forte impatto distruttivo per tutte le
funzioni interne, delle cellule, dei tessuti e degli organi, se non fosse per i sistemi di controllo che hanno la
funzione di mantenere condizioni relativamente stabili nei tessuti dell'organismo. Questa tendenza degli
organismi a mantenere una relativa stabilità interna viene detta, appunto, omeostasi. L'ambiente acquoso
interno degli animali pluricellulari è chiamato liquido extracellulare (LEC) che circonda le cellule e il
liquido intracellulare (LIC) all'interno delle cellule. Dato che il liquido extracellulare rappresenta una
regione cuscinetto tra il mondo esterno e la maggior parte delle cellule del corpo, si sono evoluti sofisticati
meccanismi biologici per mantenere la sua composizione relativamente stabile. Ad esempio quando si beve
molta acqua, la diluizione del liquido extracellulare innesca un meccanismo che induce i reni a rimuovere
l'acqua in eccesso e che protegge le cellule dalla diluizione. In generale, bisogna ricordare, che il corpo
sorveglia il suo stato interno e intraprende le azioni necessarie a correggere alterazioni che mettono in
pericolo la normale funzione. Walter Cannon, propose una lista di parametri che sono soggetti a controllo
omeostatico: i fattori ambientali che influenzano le cellule (osmolarità, temperatura e pH), materiali per le
necessità cellulari (nutrienti, acqua, sodio, calcio, ossigeno) e secrezioni interne, come ormoni e altre
sostanze chimiche che le cellule usano per comunicare l'una con le altre. L'incapacità di mantenere
l'omeostasi di questi parametri disgrega la normale funzionalità e può condurre a uno stato di malattia o
condizione patologica. A questo punto se la compensazione ha successo, l'omeostasi viene ripristinata; se
fallisce, ne possono derivare malattie e disordini. In generale, le risposte che un animale adotta per far fronte
ai cambiamenti intervenuti nel proprio ambiente si inseriscono in due ampie categorie: conformità o
regolazione. In alcune specie, queste sfide ambientali inducono nell'organismo cambiamenti interni che
riproducono le condizioni esterne. Questi animali, detti conformi, non sono in grado di mantenere la
costanza di condizioni interne come la salinità dei fluidi corporei o l'ossigenazione dei tessuti. Per esempio
gli echinodermi, come la stella marina, sono osmoconformi, in quando i liquidi corporei interni di questi
animali si equilibrano con il loro ambiente, esibendo un aumento di salinità dei liquidi corporei quando
vengono posti in acque molto saline e una diminuzione quando vengono posti in acque poco saline.
Analogamente, il consumo di ossigeno di ossiconformi come i vermi anellidi aumenta o cala in risposta ad
una maggiore o minore disponibilità di ossigeno. I regolatori, invece, come dice il nome utilizzano vari
meccanismi tra cui quelli biochimici e fisiologici per regolare il loro ambiente interno in risposta ad un
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Fisiologia: un approccio integrato ampio spettro di variazioni ambientali esterne, cioè per mantenere l'omeostasi. Per tanto un osmoregolatore
mantiene le concentrazioni ioniche dei liquidi corporei al di sopra dei livelli ambientali quando viene posto
in acque diluite e al di sotto dei livelli ambientali quando si trova in acque più saline. Mentre, gli
ossiregolatori, come i gamberi, la maggior parte dei molluschi e quasi tutti i vertebrati, sono in grado di
mantenere il proprio consumo di ossigeno a livelli pressoché stazionari quando cala la disponibilità di questo
gas nell'ambiente.
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Fisiologia: un approccio integrato 3. Interazioni molecolari
Interazioni molecolari
Gli atomi, i mattoni costitutivi di tutta la materia, compreso il corpo umano, sono costituiti da tre tipi di
particelle ancora più piccole: protoni, carichi positivamente, neutroni, privi di carica ed elettroni carichi
negativamente. La disposizione di questi elementi in un atomo è sempre la stessa: i protoni e i neutroni, che
rendono contro di quasi tutta la massa dell'atomo, sono al centro di quest'ultimo costituendo il nucleo.
Mentre lo spazio attorno al nucleo è occupato dagli elettroni in rapido movimento, tenuti nella propria orbita
dall'attrazione esercitata dalla carica positiva degli elettroni. Gli atomi, comunque, sono molto piccoli, con
un diametro che va da 1 a 5 angstrom (1 angstrom=1 A=10-10 m). Gli atomi possono essere descritti in due
modi: mediante il loro numero atomico e mediante la loro massa atomica. Il numero atomico di un atomo è
il numero di protoni nel nucleo. Un atomo di idrogeno, per esempio, ha un solo protone nel nucleo, pertanto
il numero atomico dell'idrogeno è 1. La massa atomica, invece, è la massa totale dei protoni e dei neutroni
nell'atomo espressa in Dalton. I principali elementi chimici degli organismi viventi sono: l'idrogeno,
l'ossigeno, il carbonio, l'azoto , il fosforo e lo zolfo. Questi elementi possono combinarsi tra loro in vari
modi per formare molecole d'interesse biologico. Una molecola è costituita dall'unione di uno o più atomi
mediante legami chimici. Gli elementi chimici d'interesse biologico sono in grado di formare legami forti,
nei quali gli elettroni vengono condivisi in maniera più o meno paritaria tra gli atomi partecipanti. Si parla
allora di legami covalenti. Le coppie di elettroni in quest'ultimo tipo di legame non sempre sono condivise
alla pari tra gli atomi legati. Infatti, quando gli elettroni non vengono condivisi alla pari, l'atomo con
l'attrazione più forte per gli elettroni sviluppa una leggera carica negativa (-), mentre l'atomo con attrazione
più debole verso gli elettroni sviluppa una leggera carica positiva (+). Le molecole che sviluppano queste
regioni di parziale carica positiva e negativa sono dette molecole polari, perché presentano un polo positivo
ed uno negativo. Un buon esempio di molecola polare è l'acqua (H2O). Il più grande e più forte nucleo di
ossigeno attira gli elettroni dell'idrogeno verso di sé. Questo spostamento lascia i due atomi di idrogeno
della molecola con una carica positiva parziale e l'atomo di ossigeno con una carica negativa parziale
derivata dalla diseguale condivisione degli elettroni. Una molecola non polare, invece, è una molecola i cui
elettroni sono distribuiti così equamente che non si presentano regioni di parziale carica positiva o negativa.
Per esempio, molecole costituite in maggioranza da atomi di carbonio e idrogeno tendono a essere non
polari. Questo perché il carbonio non attrae gli elettroni in maniera altrettanto forte dell'ossigeno. La polarità
di una molecola è importante nel determinare se sarà solubile in acqua. Le molecole polari generalmente si
sciolgono facilmente e sono dette idrofile, mentre, le molecole non polari non si sciolgono bene in acqua e
sono dette idrofobiche. Invece, quando un atomo o una molecola acquista o perde del tutto uno o più
elettroni, forma uno ione. Si realizzano, in questo modo, legami ionici, quando un atomo esercita
un'attrazione così forte sugli elettroni che porta via completamente uno o più elettroni ad altri atomi. Questo
è il caso del sale da cucina (NaCl), le cariche opposte si attraggono, creando un cristallo ordinato in cui gli
ioni Na+ e Cl- si alternano e sono tenuti assieme da legami ionici. Oltre ai legami covalenti si trovano anche
tipi di legami molto più deboli. Tra questi il principale è costituito dal legame idrogeno che si forma tra
atomi di idrogeno e atomi più elettronegativi (capaci di attrarre elettroni), quali l'ossigeno o l'azoto. Ad
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Fisiologia: un approccio integrato esempio, l'atomo di ossigeno è piuttosto elettronegativo, mentre l'idrogeno non lo è. Nella molecola viene
così a crearsi una parziale separazione di carica che rende l'ossigeno leggermente negativo e l'idrogeno
leggermente positivo. Di per sé un singolo legame idrogeno è molto debole, ma quando molti di questi
legami si formano tra le varie molecole, può risultare abbastanza resistente. Nelle molecole d'interesse
biologico sono presenti altri tipi d'interazione debole. Ad esempio, le forze di van der Waals sono forze
attrattive deboli che si manifestano tra atomi quando questi si trovano a una distanza inferiore a 3-4
angstrom (), e possono svolgere una funzione fondamentale nel legame substrato-enzima. Le interazioni
idrofobiche, infine, costituiscono un'altra categoria d'interazioni importanti nelle molecole biologiche. Esse
si producono perché in un ambiente polare le molecole apolari (o le regioni apolari di una molecola) tendono
ad aggregarsi. Le interazioni idrofobiche possono contribuire significativamente al ripiegamento delle
catene proteiche nello spazio, e rivestono un ruolo importante nel legame substrato-enzima.
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Fisiologia: un approccio integrato 4. Definizione di biomolecola
La maggior parte delle molecole di interesse nello studio della fisiologia umana ha tre elementi in comune: il
carbonio, l'idrogeno e l'ossigeno. Inoltre, in molte molecole biologiche si trovano anche gli elementi fosforo
e azoto. Le molecole che contengono il carbonio sono dette molecole organiche, che associate con gli
organismi viventi sono dette in generale biomolecole. Esistono quattro gruppi principali di biomolecole:
carboidrati, lipidi, proteine e nucleotidi. I primi tre gruppi sono usati dal corpo umano come fonti di energia
e come mattoni di costruzione per i componenti cellulari, mentre, il quarto gruppo comprende il DNA e
l'RNA, i componenti strutturali del materiale genetico.
In maniera più dettagliata, i carboidrati (zuccheri) sono composti organici contenenti il carbonio, idrogeno e
ossigeno nel rapporto 1:2:1. La formula del glucosio, lo zucchero più abbondante è, C6H12O6. I carboidrati
di maggiore importanza biologica sono quelli contenenti 4,5,6 o 7 atomi di carbonio. Gli zuccheri C5
(pentosi) assumono rilevanza particolare grazie al loro ruolo strutturale negli acidi nucleici. Gli zuccheri C6
(esosi), invece, vengono utilizzati come unità monomeriche nei polimeri che costituiscono la parete cellulare
e come riserva energetica. I polisaccaridi, invece, sono carboidrati contenenti molte unità monomeriche (a
volte centinaia o migliaia), dette monosaccaridi, uniti da legami covalenti detti legami glicosidici. Due
monosaccaridi uniti da un legame glicosidico formano un disaccaride. L'ulteriore aggiunta di un
monosaccaride porta alla formazione di un trisaccaride, quella di più monosaccaridi alla costituzione di un
oligosaccaride. Una catena molto più lunga viene indicata come polisaccaride. Il legame glicosidico può
presentarsi in due diversi orientamenti geometrici, indicati come alfa () e beta (). Polisaccaridi costituiti dalla
concatenazione di subunità di glucosio legate tra gli atomi di carbonio 1 e 4 in orientamento alfa (per
esempio glicogeno e amido) costituiscono importanti riserve di carbonio e di energia nei batteri, nelle piante
e negli animali. Subunità di glucosio unite tra loro mediante legami -1,4, costituiscono invece la cellulosa,
un composto che conferisce rigidità alla parete cellulare delle piante e delle alghe. I polisaccaridi possono
anche legarsi ad altre classi di macromolecole, quali proteine e lipidi, per formare polisaccaridi complessi,
come le glicoproteine e i glicolipidi. Nella cellula queste sostanze rivestono ruoli importanti, in particolare
come recettori di superficie nella membrana citoplasmatica.
I lipidi, componenti essenziali di tutte le cellule, sono macromolecole anfipatiche, presentano cioè proprietà
sia idrofiliche che idrofobiche. I lipidi veri e propri e i fosfolipidi presentano una struttura molto simile.
Entrambi i gruppi contendono una semplice molecola a tre atomi di carbonio, il glicerolo, e lunghe molecole
dette acidi grassi. I fosfolipidi contengono anche un gruppo fosfato (-H2PO4). Gli acidi grassi, a loro volta,
sono costituiti da lunghe catene di atomi di carbonio legate ad atomi di idrogeno, con un gruppo carbossilico
(-COOH) ad un'estremità della catena. Gli acidi grassi, inoltre, si dicono saturi se non presentano doppi
legami tra gli atomi di carbonio; monoinsaturi, se presentano un unico doppio legame nella molecola o
poliinsaturi se vi sono due o più doppi legami nella molecola. Quindi, come ben si può dedurre, per ogni
doppio legame in un acido grasso, la molecola ha due atomi di idrogeno in meno attaccati alla catena. Più
saturo è un acido grasso, più probabilmente sarà solido a temperatura ambiente. Il glicerolo può legare uno,
due o tre acidi grassi per formare mono-, di- o trigliceridi. I trigliceridi (più correttamente detti
triacilgliceroli) sono le più importanti forme di lipidi organici: più del 90% dei nostri lipidi sono in questa
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Fisiologia: un approccio integrato forma. Infine, in questo gruppo troviamo gli steroidi, molecole correlate ai lipidi la cui struttura comprende
quattro anelli di carbonio legati. Il colesterolo è la fonte degli steroidi nel corpo umano e fornisce la base per
molti importanti ormoni. È inoltre una componente fondamentale delle membrane cellulari.
Le proteine rivestono ruoli molto importanti nel funzionamento di una cellula. Tra le diverse classi di
proteine due assumono particolarmente rilievo: una è quella delle proteine catalitiche (enzimi), l'altra è
quella delle proteine strutturali. Gli enzimi sono catalizzatori dell'ampia varietà di reazioni chimiche che
avvengono nelle cellule. Le proteine strutturali, invece, costituiscono parte integrante di strutture cellulari,
quali membrane, pareti o componenti citoplasmatiche. Le proteine, comunque, sono polimeri costituiti da
amminoacidi legati covalentemente grazie a legami peptidici. Due amminoacidi legati tra loro costituiscono
un dipeptide, tre un tripeptide, e così via. Quando una catena peptidica comprende molti amminoacidi si
parla di polipeptide. Una proteina è costituita da uno o più polipeptidi. In generale, nelle proteine naturali si
riscontrano comunemente 20 amminoacidi e il corpo umano può sintetizzarli tutti tranne nove. Quest'ultimi
devono essere ricavati dalle proteine nella dieta e sono detti amminoacidi essenziali. Tutti gli amminoacidi,
comunque, hanno una struttura di base simile: un atomo di carbonio centrale è legato ad un atomo di
idrogeno, un gruppo amminico (-NH2) , un gruppo carbossilico (-COOH) e un gruppo di atomi chiamato
“R” che è differente in ogni amminoacido. La struttura primaria di un polipeptide si identifica nella
successione lineare degli amminoacidi che lo compongono. L'interazione tra i gruppi R dei singoli
amminoacidi in un polipeptide costringe la molecola a torcersi e a ripiegarsi nello spazio in maniera
specifica. Ciò porta alla formazione di strutture secondarie, come le -eliche e i foglietti . Una volta raggiunto
un livello stabile di struttura secondaria, la catena polipeptidica continua a ripiegarsi, tentando di formare
una molecola ancora più stabile. Questo processo di ripiegamento (folding) conduce alla struttura terziaria.
Le proteine vengono a questo punto raggruppate in due grandi categorie: fibrose e globulari. Le prime sono
insolubili in acqua e formano importanti componenti strutturali di cellule e tessuti (il collagene o la
cheratina), mentre le seconde sono solubili in acqua e agiscono come trasportatrici dei lipidi insolubili nel
sangue legandosi ad essi e rendendoli solubili. Comunque, la struttura terziaria finisce con l'esporre
particolari regioni, e/o formare solchi o tasche nella molecola che assumono importanza per l'interazione
con altre molecole. Bisogna ricordare che quando una proteina è costituita da due o più polipeptidi, e molte
proteine lo sono, si utilizza il termine struttura quaternaria. Così quando una proteine è costituita da subunità
identiche si parla di omodimero altrimenti di eterodimero.
Gli acidi nucleici, cioè l'acido desossiribonucleico (DNA) e l'acido ribonucleico (RNA), sono
macromolecole costituite da subunità monomeriche dette nucleotidi. DNA e RNA sono quindi
polinucleotidi. Mentre il DNA contiene le informazioni genetiche della cellula, l'RNA agisce da
intermediario nel convertire tali informazioni in catene amminoacidiche che concorreranno alla formazione
di proteine. Un nucleotide è composto da tre parti: uno zucchero a cinque atomi di carbonio (ribosio
nell'RNA e desossiribosio nel DNA), una base azotata e uno o più gruppi fosfato (PO43-). Dal punto di vista
chimico le basi azotate degli acidi nucleici appartengono a due classi distinte. Le basi puriniche, adenina e
guanina, contengono due anelli eterociclici (anelli costituiti da più di un solo tipo di elemento) fusi insieme.
Le basi pirimidiniche, timina, citosina e uracile contengono un solo anelo eterociclico a 6 termini. Guanina,
adenina e citosina sono presenti sia nel DNA che nell'RNA; la timina si ritrova invece sono le DNA e
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Fisiologia: un approccio integrato l'uracile sono nell'RNA. In un nucleotide la base è unita ad uno zucchero (un pentoso) tramite un legame
glicosidico tra il carbonio in posizione 1 del pentoso e l'azoto in posizione 1 di una base pirimidinica, o
quello in posizione 9 di una base purinica. Il complesso, privo di gruppo fosfato, costituito dalla base azotata
legata allo zucchero, viene indicato come nucleoside. I nucleotidi sono quindi nucleosidi contenenti uno o
più gruppi fosfato. I nucleotidi, oltre ad essere costituenti degli acidi nucleici, sono anche fonte di energia,
basti pensare all'ATP (adenosintrifosfato). La rottura di un legame fosfato libera energia, che sarà a
disposizione delle reazioni cellulari che la richiederanno. Nelle cellule il DNA è presente nella forma a
doppio filamento. Ogni cromosoma contiene due filamenti di DNA, ognuno costituito da svariati nucleotidi
uniti da legami fosfodiestere. I due filamenti si mantengono appaiati grazie ai legami idrogeno che
s'instaurano tra i nucleotidi di un filamento e i nucleotidi complementari dell'altro filamento. Quando basi
puriniche si vengono a trovare affacciate a basi pirimidiniche possono originarsi legami idrogeno. Quindi
avremo interazioni tra l'adenina e la timina,e tra citosina e guanina. Tutti gli acidi ribonucleici, invece,
tranne poche eccezioni, sono molecole a singolo filamento. Tuttavia, le molecole di RNA sono generalmente
in grado di ripiegarsi su se stesse in corrispondenza di regioni dove sia possibile un appaiamento tra basi
complementari. Il livello strutturale definito dal complesso di tali ripiegamenti viene detto struttura
secondaria. Il ruolo dell'RNA nella cellula è triplice: (1) l'RNA messaggero (mRNA) contiene una copia
dell'informazione genetica del DNA, sotto forma di molecola a singolo filamento la cui sequenza di basi è
complementare a quella del DNA, (2) gli RNA transfer (tRNA) sono invece molecole che funzionano da
“adattatori” nel corso della sintesi proteica ossia consentono di convertire l'informazione genetica del
“linguaggio dei nucleotidi” al “linguaggio degli amminoacidi”, i costituenti delle proteine, (3) gli RNA
ribosomiali (rRNA), dei quali sono noti diversi tipi, rappresentano importanti componenti strutturali e
catalitici dei ribosomi, cioè del macchinario cellulare deputato alla sintesi proteica.
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Fisiologia: un approccio integrato 5. Caratteristiche delle soluzioni acquose
L'acqua è direttamente e intimamente coinvolta in ogni dettaglio della fisiologia animale. Si tratta di una
sostanza altamente reattiva. Che differisce notevolmente da gran parte degli altri liquidi sia nelle sue
proprietà fisiche che chimiche. L'acqua possiede molte proprietà speciali ed insolite che sono di grande
importanza per tutti i processi vitali. Le speciali proprietà dell'acqua, così importanti per la vita, poggiano
direttamente sulla sua struttura molecolare. La molecola dell'acqua, infatti, è tenuta assieme dai legami
covalenti polari che si formano tra un atomo di ossigeno e due atomi di idrogeno. La polarità (ovvero una
ineguale distribuzione di carica) dei legami covalenti è dovuta alla forte tendenza dell'atomo di O ad
acquistare elettroni da altri atomi, come H. L'angolo esistente tra i due legami O—H nella molecola non è di
90° ma di 104,5°. Questo valore può essere ricondotto alla reciproca repulsione dei due nuclei di H carichi
positivamente che tendono ad allontanarsi l'uno dall'altro. Quindi, l'ineguale distribuzione di elettroni nella
molecola dell'acqua fa si che questa si comporti come un dipolo. Vale a dire che essa si comporta in qualche
maniera come una calamita che invece di avere due poli magnetici opposti, ha due poli elettrici, positivo e
negativo. Di conseguenza, questa molecola tende ad allinearsi con un campo elettrico. Comunque, la più
importante caratteristica dell'acqua è quella di formare legami idrogeno tra protoni carichi positivamente
(atomi di H), pressoché privi di elettroni, di una molecola d'acqua e l'atomo di ossigeno ricco di elettroni e
carico negativamente di molecole d'acqua circostanti. In generale, nonostante la forza modesta del legami
idrogeno, il punto di fusione, il punto di ebollizione ed il calore di evaporazione di questa molecola sono
molto più alti di quelli di altri comuni idruri degli elementi collegati all'ossigeno (come HF). Invece, le
caratteristiche di solvente dell'acqua sono dovute alla sua elevata costante dielettrica, una conseguenza della
sua polarità elettrostatica. La costante dielettrica è una misura dell'efficacia dell'acqua o di qualsiasi altra
sostanza nel ridurre la forza elettrostatica tra due cariche separate dall'acqua stessa o da un altro mezzo
dielettrico. Questo è illustrato particolarmente bene dal comportamento dei composti ionici, o elettroliti, che
si dissociano (ionizzano) quando vengono posti in acqua, aumentando perciò la conduttività della soluzione.
Tra gli elettroliti più comuni troviamo i sali, gli acidi e le basi. Al contrario, i soluti che non subiscono
alcuna dissociazione sono chiamati anelettroliti (come ad esempio, gli zuccheri, gli alcoli e gli oli).
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Fisiologia: un approccio integrato 6. Definizione di: acidi, basi e sistemi tampone
Si definisce acido, ogni sostanza che può cedere un protone e viene detta, invece, base, ogni sostanza che
può accettare un protone. Una reazione acido-base coinvolge sempre una coppia acido-base coniugata, il
donatore di protoni e l'accettore di protoni. Si dici, quindi, che l'acqua è una sostanza anfoterica, intendendo
che essa si comporta sia come acido che come base. Anche gli amminoacidi hanno questa caratteristica.
Acidi comuni sono l'acido cloridrico, l'acido carbonico, lo ione ammonio e l'acqua:
acido cloridrico HCl H++Cl-
acido carbonico H2CO3 H+ + HCO3-
ammonio NH4+ H+ + NH3
acqua H2O H+ + OH-
Mentre, tra le basi più comuni, abbiamo l'ammoniaca, l'idrossido di sodio, il fosfato e l'acqua;
ammoniaca NH3 + H+ NH4+
idrossido di sodio NaOH + H+ Na+ + H2O
acqua H2O + H+ H3O+
La dissociazione dell'acqua negli ioni H+ e OH- è un processo all'equilibrio con un prodotto ionico KW a
25°C di: KW = [H+][OH-] = 10-14. Questo rapporto è alla base della scala di pH, la misura standard per
l'acidità e la basicità, i cui valori rappresentano la concentrazione di H+ che può essere definita
come: pH = -log10[H+]
La concentrazione degli ioni H+ e OH- sono importanti per tutti i sistemi viventi in quanto i protoni possono
spostarsi liberamente da H3O+ a gruppi carichi negativamente per neutralizzare la carica, mentre gli ioni
OH- sono disponibili per neutralizzare i gruppi carichi positivamente. Questa azione neutralizzante è
particolarmente importante per gli amminoacidi e le proteine che sono molecole anfoteriche contenendo sia
gruppi carbossilici (-COOH) che gruppi amminici (-NH2). Bisogna ricordare, che le variazioni di pH
influenzano la ionizzazione dei gruppi acidi e basici negli enzimi ed in altre molecole biologiche. Di
conseguenza, il pH dei liquidi intracellulari ed extracellulari deve essere mantenuto negli stretti limiti entri
cui i sistemi enzimatici svolgono normalmente le loro funzioni. Al mantenimento del pH dei liquidi corporei
nell'ambito dei valori normali contribuiscono in modo determinante i tamponi naturali di pH. Un sistema
tampone è in grado di rispondere all'aggiunta di notevoli quantità di un acido o di una base con variazioni
minime del pH. Un tampone, comunque, è costituito da un acido (HA), per neutralizzare le basi aggiunte, e
da una base (A-), per neutralizzare gli acidi aggiunti.
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Fisiologia: un approccio integrato 7. Struttura ed organizzazione della membrana cellulare
Le complesse reazioni chimiche che sono in definitiva responsabili della vita degli animali possono
procedere soltanto in condizioni stabili e ristrette. La costanza di queste condizioni cellulari può essere
mantenuta grazie alle funzioni delle membrane biologiche. Queste costituiscono una barriera selettiva che
lascia passare solo certi materiali e non altri.
Alla loro superficie, le cellule sono circondate da una membrana plasmatica, una complessa struttura di
natura lipidica, straordinariamente sottile, che racchiude il citoplasma (citosol e organelli cellulari) ed il
nucleo cellulare. Le funzioni generali della membrana cellulare sono:
Isolamento fisico: la membrana cellulare è una barriera fisica che separa il liquido intracellulare all'interno
della cellula dal circostante liquido extracellulare;
Regolazione degli scambi con l'ambiente: la membrana cellulare controlla l'entrata nella cellula di ioni e
nutrienti, l'eliminazione di cataboliti e il rilascio di prodotti di secrezione;
Comunicazione tra cellula e ambiente: la membrana cellulare contiene proteine che consentono alla cellula
di riconoscere e di rispondere ai segnali esterni;
Supporto strutturale: alcune proteine della membrana sono ancorate al citoscheletro, la struttura interna di
supporto che mantiene la forma della cellula.
In generale, tutte le membrane biologiche, incluse le membrane interne degli organelli delle cellule
eucariotiche, hanno la stessa essenziale struttura: molecole proteiche e lipidiche tenute assieme da
interazioni non covalenti, e una piccola quantità di carboidrati (8 nm di spessore). Le molecole lipidiche
sono disposte a formare un doppio strato continuo, detto doppio strato lipidico, che è relativamente
impermeabile al passaggio della maggior parte delle molecole idrosolubili. La componente lipidica
costituisce circa la metà della massa delle membrane plasmatiche nelle cellule animali. I tre principali tipi di
lipidi presenti nelle membrane cellulari sono:
1.Fosfogliceridi, caratterizzati da uno scheletro di glicerolo;
2.Sfingolipidi, che hanno scheletri costituiti da sfingosina;
3.Steroli, come il colesterolo, che sono apolari e sono leggermente idrosolubili;
I primi due tipi di lipidi sono anfipatici, possiedono cioè un estremità idrofilica (solubile in acqua) ed un
estremità idrofobica (insolubile in acqua). La doppia natura di questi lipidi di membrana anfipatici, con le
loro teste idrofiliche e le loro code idrofobiche, è un elemento fondamentale per l'organizzazione delle
membrane biologiche. Le teste polari si orientano verso l'acqua mentre le code apolari si orientano l'una
verso l'altra, essendo reciprocamente attratte dalle forze di Van der Waals. Per questo, queste molecole sono
ideali per formare un'interfaccia tra una fase lipidica (non acquosa) all'interno della membrana stessa e le
fasi acquose intracellulare ed extracellulare a contatto delle superfici interna ed esterna della membrana.
Queste stesse forze fanno si che i doppi strati lipidici possano risaldarsi in seguito ad una loro eventuale
lacerazione. Le proprietà idrofobiche delle catene idrocarburiche dei fosfolipidi sono alla base della scarsa
permeabilità delle membrane alle sostanze polari (come ioni inorganici ed anelettroliti polari come il
glucosio e l'insulina) e della loro maggiore permeabilità alle sostanze apolari (come, gli ormoni steroidei).
La terza classe di lipidi di membrana è costituita dagli steroli, sostanze in larga misura apolari e solo
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Fisiologia: un approccio integrato leggermente idrosolubili. Una volta inserita nella membrana la molecola di sterolo si adatta perfettamente tra
le code idrocarburiche dei fosfolipidi e glicolipidi, ed aumenta la viscosità della parte centrale idrocarburica
della membrana. Inoltre, la membrana cellulare è attraversata da proteine integrali (dette anche proteine
transmembrana), che agiscono sia da filtri selettivi che da dispositivi di trasporto attivo per l'introduzione
delle sostanze nutritizie e per l'espulsione dei prodotti cellulari e delle scorie metaboliche. Queste sono
fortemente legate all'interno della membrana grazie a legami non covalenti con le code lipidiche dei
fosfolipidi del doppio strato della membrana. Le proteine integrali sono classificate in famiglie a seconda di
quanti segmenti transmembrana posseggono. Molte ne hanno sette mente altre possono averne anche dodici.
Le proteine periferiche, invece, non attraversano l'intero spessore della membrana cellulare come fanno
quelle integrali, invece, si legano debolmente a proteine che attraversano la membrana o alle regioni polari
dei fosfolipidi. Possono essere rimosse senza distruggere l'intera membrana e tra queste vi sono anche
alcune proteine che ancorano il citoscheletro. Infine abbiamo le proteine ancorata a lipidi, che come dice la
stessa parola, sono legate covalentemente a code lipidiche che s'inseriscono nel doppio strato. Quindi, come
si può capire da questa organizzazione, le membrane cellulari fanno sì che alcuni ioni siano presenti a
concentrazioni differenti sui lati esterno ed interno e ciò è alla base della formazione di gradienti di
concentrazione di molte specie ioniche attraverso la membrana. A questo scopo, le proteine canale presenti
nelle membrane cellulari partecipano attivamente al trasferimento di sostanze tra i vari compartimenti e, in
definitiva, regolano la concentrazione citoplasmatica degli ioni disciolti e di altre molecole con notevole
precisione. Comunque, le membrane sono strutture dotate di notevole fluidità, in cui gran parte dei lipidi e
delle molecole proteiche “fluttua” nel piano del doppio strato. La porzione in cui lipidi e proteine sono
presenti in una membrana dipende dal tipo cellulare o organello al quale la membrana stessa appartiene. I
lipidi, che sono molecole molto più piccole e semplici delle proteine, costituiscono la struttura primaria della
membrana. Le proteine integrali immerse nella membrana, invece, svolgono ruoli più specializzati come il
trasporto di molecole, la catalisi di reazione e la trasduzione di segnali chimici. Altre proteine hanno il
compito di ancorare la membrana al citoscheletro o a cellule adiacenti. In generale, le molecole lipidiche
sono insolubili in acqua ma si sciolgono in solventi organici. Comunque, bisogna ricordare, che numerosi
esperimenti hanno dimostrato che alcune molecole proteiche sono libere di diffondere lateralmente nella
membrana e questo a portato al famoso modello a mosaico fluido della membrana (Singer e Nicolson,
1972). Secondo questo modello le proteine globulari sono integrate con il doppio strato lipidico, con alcune
molecole proteiche che sono completamente immerse nel doppio strato ed altre immerse solo parzialmente.
Si ritiene che queste proteine integrali siano anfipatiche, con le porzioni apolari immerse nel nucleo
idrocarburico del doppio strato e con le porzioni polari che formano una superfici idrofilica con i gruppi
laterali carichi degli amminoacidi sporgenti nella parte acquosa. Ricorrendo a varie tecniche, è stato
possibile dimostrare che le molecole lipidiche si spostano molto raramente da un lato all'altro della
membrana, ma si scambiano di posto con molecole adiacenti in un monostrato circa 107 volte per secondo.
Questo rapido scambio laterale di lipidi determina una rapida migrazione lungo il piano della membrana ma
non attraverso la stessa. La fluidità della membrana, invece, dipende dalla sua composizione ed il
colesterolo gioca un ruolo molto importante nel regolare questa caratteristica della membrana. Infatti, il
colesterolo, quando è presente, si lega debolmente ai fosfolipidi adiacenti rendendo il doppio strato lipidico
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Fisiologia: un approccio integrato significativamente meno fluido ma più resistente. Tuttavia, l'eccessiva incorporazione di colesterolo può
provocare anche perdita di flessibilità. Questo è alla base del cosiddetto “indurimento delle arterie”, un
importante causa delle malattie cardiovascolari. Infine, come abbiamo precedentemente accennato, troviamo
i carboidrati di membrana che sono generalmente polimeri di glucosio legati alle proteine di membrana
(glicoproteine) oppure ai lipidi di membrana (glicolipidi). Si trovano esclusivamente sulla superficie esterna
della cellula, dove formano uno strato protettivo, detto glicocalice.
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Fisiologia: un approccio integrato 8. Movimenti attraverso la membrana cellulare: diffusione
Grazie alla loro struttura, le membrane sono alquanto selettive nei confronti delle molecole che possono
attraversarle. L'interno idrofobico del doppio strato lipidico rende le membrane altamente impermeabili alla
maggior parte delle molecole polari. Tuttavia, questi trasferimenti possono essere a volte necessari e tutte le
cellule hanno perciò perfezionato evolutivamente molti meccanismi per il passaggio di queste molecole
attraverso le membrane. Come sappiamo, il movimento casuale delle molecole in sospensione o in soluzione
provoca la loro dispersione da regioni a concentrazione più elevata a regioni a concentrazione più bassa, un
processo noto con il termine di diffusione (processo passivo). La diffusione è un processo estremamente
lento quando la si considera a livello dei tessuti ma se si considerano le dimensioni microscopiche delle
cellule, i tempi di diffusione sono estremamente veloci. La velocità della diffusione di un soluto s può essere
definita dall'equazione di Fick sulla diffusione: dQs/dt = Ds A (dCs/dx)
in cui dQs/dt è la velocità di diffusione (cioè, la quantità di s che si diffonde nell'unità di tempo), Ds è il
coefficiente di diffusione di s, A è l'area della sezione trasversale attraverso la quale s diffonde e dCs/dx
rappresenta il gradiente di concentrazione di s (cioè, la variazione di concentrazione con la distanza). Il
fattore dCs/dx è chiaramente molto importante poiché determina la velocità alla quale s diffonderà seguendo
il gradiente. Il coefficiente di diffusione Ds è influenzato principalmente da tre fattori (1) dimensione della
molecola che sta diffondendo, (2) liposolubilità della molecola e (3) composizione dello strato lipidico
attraverso il quale essa sta diffondendo. Inoltre, come si può notare da questa equazione, la velocità di
diffusione attraverso una membrana è direttamente proporzionale all'area della membrana, quindi tanto
maggiore è l'area della membrana, quante più molecole diffondono nell'unità di tempo. Questa caratteristica
della diffusione ha importanti implicazioni in fisiologia, ad esempio in una malattia polmonare, l'enfisema,
viene distrutto il tessuto polmonare e quindi la superficie per la diffusione di ossigeno diminuisce. Inoltre,
sempre dalla precedente equazione, notiamo che la velocità di diffusione attraverso una membrana è
inversamente proporzionale allo spessore della membrana, quanto più la membrana è spessa, tanto più lenta
sarà la diffusione. Comunque, a questo punto, come possiamo immaginare, un soluto che è presente ai due
lati di una membrana, nella quale può diffondere, darà luogo ad un flusso unidirezionale in ogni direzione. Il
flusso, o velocità di diffusione, J è la quantità di soluto che attraversa un'area unitaria ogni secondo in una
data direzione, cioè:
J = dQs/dt
dove J è tipicamente espressa in moli per centimetro quadrato per secondo (moli/cm2/s). La permeabilità
della membrana ad una sostanza, invece, è la velocità alla quale quella sostanza attraversa passivamente la
membrana in determinate condizioni. Una maggiore permeabilità sarà accompagnata da un flusso maggiore
se gli altri fattori rimangono immutati. Assumendo che la membrana sia una barriera omogenea e che esista
un gradiente di concentrazione per un anelettrolita tra il lato ad alta concentrazione (I) ed il lato a bassa
concentrazione (II), allora:
dQs/dt = P(CI-CII)
in cui dQs/dt è ancora la quantità di sostanza s che attraversa un'area unitaria di membrana nell'unità di
tempo, CI e CII sono le rispettive concentrazioni della sostanza ai due lati della membrana e P è la costante
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Fisiologia: un approccio integrato di permeabilità della sostanza. Quest'ultima racchiude in sé i fattori inerenti alla membrana e la sostanza in
questione. Questi fattori determinano la probabilità con cui una molecola di un particolare sostanza
attraverserà la membrana. Questa relazione può essere espressa formalmente
come: P = DmK/x
dove Dm è il coefficiente di diffusione della sostanza nella membrana, K è il coefficiente di ripartizione
della sostanza e x è lo spessore della membrana. Quindi, quanto più viscosa è la membrana o più grande la
molecola, tanto più basso sarà il valore di Dm. Come ben si può capire, le costanti di permeabilità variano
ampiamente a seconda delle differenti membrane e delle differenti sostanze e, inoltre, la permeabilità può
essere notevolmente modificata dall'azione degli ormoni e di altre molecole che, reagendo con i siti
recettoriali della membrana, regolano l'apertura dei canali o meccanismi di trasporto. Questo è ad esempio il
caso dei neurotrasmettitori che agiscono su speciali proteine integrali della membrana (recettori) delle
cellule nervose e muscolari e vi inducono pronunciati aumenti della permeabilità a specie ioniche come
Na+, K+, Ca2+ e Cl-. Altre caratteristiche che bisogna ricordare della diffusione sono che si ha movimento
netto di molecole fino a quando la concentrazione diventa uguale ovunque, ossia quando le molecole di una
sostanza si sono distribuite uniformemente. Inoltre, la diffusione è rapida a breve distanza ma è molto più
lenta a grande distanza per questo gli organismi possiedono vari altri meccanismi, come qualche forma di
sistema circolatorio, per trasportare soluti e nutrienti alle cellule più distanti. Infine, bisogna ricordare che la
diffusione è direttamente correlata alla temperatura, infatti a temperature più alte le molecole si muovono
più velocemente, ed inoltre questo processo è inversamente correlato alla dimensione molecolare, quindi più
grande è la molecolare più lenta sarà la sua diffusione in un mezzo.
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Fisiologia: un approccio integrato 9. Definizione di osmosi
Nel 1748, l'abate Jean Antoine Nollet osservò che in un apparato costituito da una membrana animale (per
esempio, la parete della vescica) con ad un lato acqua pura ed all'altro lato una soluzione contenente
elettroliti o altre molecole, l'acqua diffondeva attraverso la membrana per passare nella soluzione. Questo
movimento dell'acqua seguendo i proprio gradiente di concentrazione fu chiamato osmosi (dal greco osmos,
“spingere”). Successivamente si stabilì che l'osmosi produce un gradiente di pressione idrostatica. Infatti la
differenza di pressione provoca un innalzamento del livello della soluzione man mano che l'acqua diffonde
attraverso la membrana semipermeabile nella soluzione stessa. Il livello della soluzione continua a crescere
fin quando il flusso netto dell'acqua attraverso la membrana si annulla. Ciò avviene quando la pressione
idrostatica della soluzione nel compatimento II è sufficiente a spingere le molecole d'acqua a ritroso verso il
compartimento I con la stessa velocità alla quale l'osmosi spinge le molecole d'acqua in direzione opposta,
dal compartimento I al compartimento II. La contropressione idrostatica necessaria per annullare la
diffusione viene chiamata pressione osmotica della soluzione nel compartimento II. Comunque, l'osmosi è
alla base del movimento netto di acqua attraverso le membrane cellulari e gli epiteli. Per capire meglio
questo punto, basta considerare una soluzione acquosa 1,0 M di saccarosio e un'altra 0,01 M dello stesso
zucchero messe a contatto da una membrana. In queste condizioni, si assisterà ad una diffusione netta di
molecole d'acqua dalla soluzione meno concentrata (0,01 M) a quella più concentrata (1 M) e
contemporaneamente il saccarosio diffonderà in direzione opposta fino al raggiungimento dell'equilibrio. In
generale, la pressione osmotica è proporzionale non solo alla concentrazione del soluto C, ma anche alla
temperatura assoluta T: = K1C e = K2C
dove K1 e K2 sono costanti di proporzionalità . Inoltre, si è visto che le molecole di soluto seguono in
soluzione un comportamento simile a quello delle molecole di gas. Pertanto (usando la legge dei gas): =
RTC ovvero = nRT/V
dove n è il numero di moli equivalenti di soluto, R è la costante molare dei gas e V è il volume in litri. Due
soluzioni che esercitano la stessa pressione osmotica attraverso una membrana permeabile solo all'acqua, si
dicono isosmotiche tra loro. Se una soluzione esercita una pressione osmotica inferiore ad un'altra, si dice
iposmotica rispetto a quest'ultima; se, invece, esercita una pressione osmotica maggiore, si dice
iperosmotica. L'osmolarità è definita sulla base di un osmometro ideale in cui la membrana osmotica
permette il passaggio dell'acqua ma impedisce completamente quello dei soluti. La tonicità di una soluzione,
invece, è definita in base al comportamento di cellule o tessuti immersi in una data soluzione. Si dice che
una soluzione è isotonica con una data cellula o un dato tessuto se questi, una volta immersi in essa, non si
restringono e non si rigonfiano. Se il tessuto si rigonfia, la soluzione è detta ipotonica col tessuto mentre, se
il tessuto si restringe, la soluzione è detta ipertonica. Questi effetti sono dovuti al movimento di acqua
attraverso la membrana cellulare in risposta alle differenze di pressione osmotica esistenti tra il mezzo
intracellulare ed extracellulare. Ad esempio, le uova del riccio di mare mantengono un volume costante
quando vengono poste in una soluzione di NaCl, mentre si rigonfiano se vengono poste in una soluzione
CaCl2. Si vede quindi che la prima soluzione si comporta isotonicamente mentre la seconda ipotonicamente
nei confronti delle uova.
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Fisiologia: un approccio integrato 10. Influenze elettriche sulla distribuzione degli ioni ai due lati della
membrana
La permeabilità della membrana alle particelle cariche dipende sia dalla costante di permeabilità della
membrana che dal potenziale elettrico attraverso la membrana. Infatti, la diffusione passiva netta attraverso
una membrana di atomi o molecole carichi (come Na+, K+, Cl-, amminoacidi) è dovuta all'azione di due
forze:
1.Il gradiente chimico derivante dalla differenza di concentrazione della sostanza ai due lati della membrana;
2.Il campo elettrico, o differenza di potenziale elettrico attraverso la membrana;
Uno ione si muoverà da regioni ad elevata concentrazione e, se carico positivamente, si dirigerà verso
regioni a potenziale negativo crescente. La somma delle forze dovute al gradiente di concentrazione e di
quelle dovute al gradiente elettrico darà il gradiente elettrochimico netto agente su quello ione. Quando uno
ione si trova all'equilibrio rispetto ad una membrana, esiste una differenza di potenziale esattamente
sufficiente per bilanciare e contrastare il gradiente chimico agente sullo ione. Il potenziale al quale uno ione
si trova in condizioni di equilibrio elettrochimico è detto potenziale di equilibrio e viene misurato in volt.
Diversi fattori influenzano il potenziale di equilibrio di uno ione ma di questi il più importante è il rapporto
delle concentrazioni dello stesso ioni ai due lati opposti della membrana.
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Fisiologia: un approccio integrato 11. L'equilibrio di Donnan
Se soluti diffusibili sono separati da una membrana che è liberamente permeabile all'acqua ed agli elettroliti
ma completamente impermeabile ad una specie ionica, i soluti diffusibili si distribuiscono in modo ineguale
tra i due compartimenti. Lo stato di equilibrio che si raggiunge in queste condizioni è noto con il nome di
equilibrio di Donnan. Per comprendere questo tipo di equilibrio, immaginiamo di partire con due
compartimenti contenenti acqua pura e di aggiungere una certa quantità di KCl in uno di essi. Il sale in
soluzione si dissocia in K+ e Cl- e questi ioni diffondono attraverso la membrana fino a quando il sistema
raggiunge l'equilibrio, ovvero, fino a quando le concentrazioni di K+ e Cl- ai due lati della membrana
diventano uguali. Immaginiamo ora di aggiungere il sale di potassio di un anione non diffusibile (una
macromolecola A- con più cariche negative) alla soluzione nel compartimento I. In risposta a questa
aggiunta, K+ e Cl- vanno incontro ad una ridistribuzione fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio
dovuto al passaggio di alcuni ioni K+ ad alcuni ioni Cl- dal compartimento I al compartimento II.
L'equilibrio di Donnan è caratterizzato da una distribuzione reciproca di anioni e cationi tale che:
[K+]I/[K+]II = [Cl-]II/[Cl-]I
All'equilibrio il catione diffusibile K+, è più concentrato nel compartimento in cui è confinato l'anione non
diffusibile A-, mentre l'anione diffusibile Cl-, diventa più concentrato nell'altro compartimento. Questo
processo è molto più comprensibile se si prende in considerazione che in ciascuno dei due compartimenti
deve esserci una situazione di elettro-neutralità, ossia il numero totale di cariche positive deve essere uguale
al numero di cariche negative. Inoltre, ponendo che x, y e z rappresentino le concentrazioni degli ioni nei
compartimenti I e II, possiamo esprimere in forma algebrica la condizione all'equilibrio nei due
compartimenti: x2=y(y+z). A questo punto, riarrangiando l'equazione precedente, possiamo vedere che,
all'equilibrio, le distribuzioni degli ioni diffusibili nei due compartimenti sono reciproche: x+z/x = x/y.
Appare chiaro da questa relazione che quando la concentrazione dell'anione non diffusibile z, aumenta, le
concentrazione degli ioni diffusibili (x e y) diverranno progressivamente divergenti. Questa distribuzione
diseguale degli ioni diffusibili è la caratteristica principale che contraddistingue l'equilibrio di Donnan.
Quindi, in condizioni di equilibrio di Donnan, la distribuzione diseguale fa sì che l'acqua si muova in
direzione del compartimento di maggiore osmolarità (il compartimento I). Questa differenza di pressione
osmotica è chiamata pressione oncotica.
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Fisiologia: un approccio integrato 12. Proprietà osmotiche delle cellule: stato stazionario ionico
Applicando i principi fisici di cui abbiamo appena parlato, possiamo analizzare come le membrane regolano
finemente le concentrazioni ioniche ai due lati della membrana. Lo ione più concentrato nel citosol è lo ione
potassio, K+, che eccede di 20-30 volte la sua concentrazione nel liquido extracellulare. Viceversa le
concentrazioni intracellulari di Na+ e Cl- sono tipicamente inferiori (circa un decimo o meno) a quelle
extracellulari. Un'altra importante generalizzazione è che la concentrazione intracellulare di Ca2+ è regolata
in modo da risultare diversi ordini di grandezza al di sotto della concentrazione extracellulare. Questa
differenza è dovuta ad un meccanismo di trasporto attivo che espelle il Ca2+ dalla cellula ed in parte al fatto
che il calcio intracellulare si trova sequestrato all'interno di organelli come i mitocondri. Per questo, la
concentrazione del Ca2+ nel citosol è generalmente inferiore a 10-6 M. La permeabilità delle membrane
cellulari al K+ è circa 30 volte superiore a quella del Na+. La permeabilità al Cl- è invece più variabile: in
alcune cellule è simile a quella del K+ mentre in altre è più bassa. Per capire come l'equilibrio di Donnan
possa contribuire a determinare le caratteristiche della cellula bisogna considerare che: (1) la carica netta
negativa esistente all'interno della cellula è in gran parte dovuta ai gruppi carbossilici presenti su molecole
come proteine e peptidi, e queste cariche devono essere bilanciate da contro-ioni carichi positivamente come
Na+, K+ e Ca2+; (2) per non andare incontro a lisi, la cellula deve pompare al di fuori il Na+, il Ca2+ ed
alcuni ioni con la stessa intensità alla quale essi entrano. Ciò permette di mantenere costante la
concentrazione intracellulare del Na+, circa un ordine di grandezza al di sotto della sua concentrazione
extracellulare. Quindi, la differente distribuzione degli ioni, rappresenta uno stato stazionario, una
condizione che richiede un continuo dispendio energetico.
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Fisiologia: un approccio integrato 13. Trasporto passivo attraverso la membrana
Alcune molecole possono attraversare la membrana passivamente con meccanismi indipendenti dal diretto
apporto di energia metabolica. Questi meccanismi dipendono tuttavia dalla presenza di gradienti chimici ed
elettrici attraverso la membrana e questi, a loro volta, sono generati e mantenuti a spese di energia fornita
dal metabolismo. Comunque, le molecole o gli ioni attraversano passivamente la membrana mediate tre
modalità basilari:
(1) Diffusione semplice attraverso il doppio strato lipidico. Nella prima, una molecola diffonde
semplicemente attraverso la membrana. Essa abbandona la fase acquosa su un lato della membrana, si
scioglie direttamente nella fase lipidica, diffonde attraverso lo spessore dello strato lipidico o proteico ed
infine entra nella fase acquosa sul lato opposto della membrana. Comunque, per poter abbandonare la fase
acquosa ed entrare in quella lipidica, un soluto deve come prima cosa rompere tutti i suoi legami idrogeno
con l'acqua e, inoltre, la molecola di soluto deve essere solubile nella parte lipidica ed il suo grado di
solubilità sarà un fattore determinante per la probabilità di attraversamento della membrana. Di
conseguenza, quelle molecole che formano pochi legami idrogeno con l'acqua potranno entrare più
facilmente nel doppio strato lipidico mentre le molecole polari come gli ioni inorganici non avranno quasi
mai la possibilità di sciogliersi nel doppio strato. Il grado di diffusione transmembrana sarà, in ogni caso,
principalmente predetto dal coefficiente di ripartizione del soluto che è il rapporto della concentrazione del
soluto nell'olio sulla concentrazione del soluto nell'acqua. In generale, la diffusione semplice attraverso il
doppio strato lipidico segue una cinetica di non saturazione. Ciò significa che la velocità di ingresso di un
soluto aumenta proporzionalmente alla sua concentrazione nel mezzo extracellulare, in quanto il flusso netto
dipende soltanto dalla differenze nel numero di molecole di soluto ai due lati della membrana;
(2) Diffusione attraverso i canali di membrana. Nella seconda, la molecola di soluto non abbandona mai la
fase acquosa ma passa attraverso canali acquosi (acquaporine), di 0,7 nm, speciali pori riempiti di acqua
presenti nella membrana che quando sono aperti possono essere attraversati solo da specifici soluti. In
generale, le proteine canale sono costituite da subunità proteiche transmembrana che creano un aggregato di
cilindri che circondano uno stretto poro pieno d'acqua. Per questo motivo il passaggio attraverso i canali è
limitano principalmente all'acqua e piccoli ioni. Possiamo, inoltre, definire le proteine canale come piccole
porte nella cellula che sono aperte o chiuse da particolari regioni della molecola che agiscono da “cancelli”
oscillanti. Per questo, molto spesso, i canali si definiscono aperti quando permettono il passaggio di ioni
dentro e fuori la cellula senza limitazioni, oppure, a cancello quando sono per la maggior parte del tempo
chiudi, e ciò permette di regolare il passaggio degli ioni. L'ingresso di questi canali può essere controllato da
molecole messaggeri intracellulari o da ligandi extracellulari o da una modificazione fisica come un
aumento della temperatura.
(3) Nella terza modalità, le molecole di soluto si combinano con una proteina trasportatrice (carrier) inserita
nella membrana. Le molecole carrier mediano e facilitano il passaggio di varie sostanze attraverso la
membrana. Grazie alla loro solubilità nei lipidi e alla loro capacità di “mascherare” gruppi carichi, i carrier
possono permettere ai soluti polari di diffondere più facilmente attraverso la membrana sfruttando i relativi
gradienti elettrochimici. Si parla in questo caso di trasporto facilitato (o trasporto mediato da carrier). Questo
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Fisiologia: un approccio integrato tipo di trasporto non dipende, a differenza di quello attivo, di energia sotto forma di ATP. Comunque, le
proteine carrier differiscono dalle proteine canale in quanto con creano mai un passaggio continuo tra
l'interno e l'esterno della cellula. Infatti se i canali sono simili a porte, le proteine carrier sono come porte
rotanti che permettono il movimento tra l'interno e l'esterno senza creare uno spazio aperto (pensare al
canale di Panama), ma cambiando la loro conformazione. Comunque, in generale, il processo in cui le
proteine carrier trasportano un unico soluto da un lato all'altro della membrana si dice uniporto (questo è il
caso di una famiglia di proteine carrier note come trasportatori GLUT che sposta il glucosio e gli zuccheri
esosi correlati attraverso le membrane), mentre quando viene trasferito un soluto o simultaneamente o
sequenzialmente un secondo soluto si parla di trasporto accoppiato. In quest'ultimo caso, se i due soluti sono
trasferiti nella stessa direzione, si ha un sistema di simporto. Questo è il caso dei trasportatori 2-Na+/1-
glucosio e del trasporto dell'amminoacido alanina/Na+. In presenza di ioni Na+, l'amminoacido è introdotto
nella cellula finché la concentrazione intracellulare cresce fino a diventare 7-10 volte quella esterna. In
assenza di Na+, invece, la concentrazione intracellulare di alanina si avvicina semplicemente a quella
extracellulare. Comunque, il trasporto degli amminoacidi e degli zuccheri è accoppiato all'influsso di Na+
mediante un carrier comune. La molecola del carrier deve legarsi sia con il Na+ che con la molecola di
substrato organico prima di poterli trasportare entrambi. Quindi, la tendenza del Na+ di diffondere lungo il
proprio gradiente di concentrazione permette il funzionamento del carrier. Qualsiasi situazione che riduca il
gradiente di concentrazione per Na+ riduce questo trasporto accoppiato e inoltre, se la direzione del
gradiente di Na+ viene sperimentalmente invertita, anche la direzione del trasporto di queste molecole
risulta invertita. Mentre, ritornando alla classificazione, se i due soluti sono trasferiti in direzioni opposte si
ha un sistema di antiporto (come nel caso dell'antiporto Na+/Ca2+ che mantiene i valori di calcio
estremamente bassi all'interno della cellula). Questi stessi termini (simporto e antiporto) possono essere
applicati anche ai meccanismi di trasporto attivo.
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Fisiologia: un approccio integrato 14. Trasporto attivo attraverso la membrana
Come abbiamo visto, tutti i canali proteici e la maggior parte delle proteine trasportatrici consentono ai
soluti di attraversare la membrana passivamente senza alcuna spesa energetica e, quindi, il gradiente di
concentrazione determina la direzione del trasporto passivo. Invece, nel caso di molecole dotate di carica, il
trasporto è chiamato attivo ed è influenzato sia dal gradiente di concentrazione che dal gradiente
elettrochimico attraverso la membrana. Tutte le membrane plasmatiche, infatti, hanno una differenza di
potenziale elettrico attraverso di esse, con l'interno negativo rispetto all'esterno della cellula. Questa
condizione, quindi, favorisce l'entrata di ioni carichi positivamente e tende ad ostacolare l'entrata di ioni
carichi negativamente. Per questo, tutte le cellule viventi spendono continuamente energia chimica per
mantenere le concentrazione dei soluti ai due lati della membrana ben lontane dalla condizione di equilibrio.
L'energia necessaria per questo processo è resa disponibile sotto forma di ATP. I meccanismi che
trasportano attivamente le sostanze contro gradiente vengono chiamati pompe di membrana. In generale, il
trasporto attivo può essere suddiviso in due tipi.
Nel trasporto attivo primario (diretto) l'energia per spingere le molecole contro il loro gradiente di
concentrazione deriva direttamente dal legame fosfato ad alta energia dell'ATP. Il trasporto attivo
secondario (indiretto), invece, utilizza l'energia potenziale accumulata nel gradiente di concentrazione di una
molecola per spingere altre molecole contro il gradiente di concentrazione. Tutti i trasporti attivi secondari,
dipendono in ultima analisi dal trasporto attivo primario, poiché i gradienti di concentrazione che li guidano
sono creati utilizzando energia proveniente dall'ATP. Il meccanismo per entrambi i tipi di trasporto attico,
comunque, sembra simile a quello della diffusione facilitata. Un substrato per essere trasportato si lega ad un
carrier di membrana, che cambia conformazione rilasciando il substrato nel compartimento opposto. Il
trasporto attivo, però, differisce dalla diffusione facilitata perché il cambiamento di conformazione della
proteina carrier richiede appunto apporto di energia. Un esempio di trasporto attivo primario è sicuramente
la pompa sodio potassio, Na+-K+-ATPasi. Questa pompa permette di trasportare contro gradiente 3 ioni
sodio verso l'ambiente extracellulare e 2 ioni potassio verso l'ambiente intracellulare, sfruttando l'energia
derivante dall'idrolisi dell'ATP (la concentrazione del potassio è circa 10-20 volte maggiore all'interno della
cellula rispetto all'esterno, la condizione opposta per il sodio). La pompa ha due stati conformazionali E1 e
E2. Il primo ha alta affinità per Na+ rivolto verso l'interno mentre E2 ha molta affinità per il K+ rivolto
verso l'esterno. Il meccanismo di reazione è il seguente: la forma E1 acquista gli ioni Na+ all'interno della
cellula, lega l'ATP e forma un complesso ternario E1–ATP–3Na+. Questo complesso reagisce generando un
intermedio aspartil fosfato E1–P–3Na+ ad alta energia. Quindi questo intermedio assume la conformazione
a bassa energia e rilascia gli ioni Na+ all'esterno delle cellula. A questo punto, la forma E2–P lega 2 ioni K+
presenti all'esterno della cellula formando l'intermedio E2–P–2K+. Il gruppo fosforico viene idrolizzato e
quindi vengono rilasciati gli ioni K+ e si ritorna alla conformazione E1.
Un altro esempio di trasporto attivo primario e la pompa Ca2+-ATPasi che pompa attivamente il calcio dal
citosol verso l'esterno della cellula sempre a spese dell'idrolisi dell'ATP (contrazione muscolare, rilascio
neurotrasmettitori etc). La regolazione della pompa del calcio viene operata dallo stesso Ca2+ con la
mediazione della calmodulina (CaM). Infatti a concentrazioni di Ca2+ al di sotto del valore della costante di
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Fisiologia: un approccio integrato dissociazione della calmodulina per il Ca2+, la pompa si inattiva. Se però la concentrazione di questo ione
aumenta, il Ca2+ si lega alla CaM che a sua volta si lega e attiva la pompa. Questo fa sì che il calcio esca
verso l'esterno.
Un esempio, invece, di trasporto attivo secondario, cioè guidato da un gradente ionico, è il simporto Na+-
glucosio. Il gradiente di concentrazione di sodio, con Na+ concentrato nel liquido extracellulare e basso
all'interno della cellula, è una sorgente di energia potenziale cui la cellula può attingere per altre funzioni.
Per esempio, le cellule nervose utilizzano il gradiente di sodio per trasmettere segnali elettrici e le cellule
epiteliali lo usano per pilotare la captazione di nutrienti, ioni e acqua. Come abbiamo detto, i trasportatori di
membrana che usano l'energia potenziale immagazzinata in gradienti di concentrazione per spostare
molecole si chiamano trasportatori attivi secondari. Il trasporto attivo secondario usa l'energia cinetica di
una molecola che si muove lungo il suo gradiente di concentrazione per spingere altre molecole contro il
loro gradiente. Nel meccanismo del trasportatore Na+-glucosio (SGLT), sia il Na+ sia il glucosio si legano
alla proteina SGLT sul versante del liquido extracellulare. Il sodio si lega per primo e determina un
cambiamento conformazionale della proteina che aumenta l'affinità del sito legante il glucosio. Quando il
glucosio si lega a SGLT, la proteina cambia nuovamente la sua conformazione e apre il canale sul versante
intracellulare. Il sodio viene rilasciato muovendosi lungo gradiente di concentrazione. Il distacco del sodio
dalla proteina modifica il sito di legame per il glucosio verso la forma a bassa affinità, per cui il glucosio
viene rilasciato e segue Na+ dentro il citoplasma. Il risultato finale è l'ingresso del glucosio dentro la cellula
contro gradiente di concentrazione, accoppiato al movimento dell'Na+ dentro la cellula lungo gradiente di
concentrazione.
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Fisiologia: un approccio integrato 15. Processi di endocitosi ed esocitosi
I processi di trasporto descritti fin ora per le piccole molecole polari non possono trasportare macromolecole
come proteine, polinucleotidi o polisaccaridi. Eppure, le cellule riescono ad ingerire e a secernere tali
macromolecole. Il trasferimento transmembrana delle macromolecole viene effettuato attraverso la
formazione e la successiva fusione di vescicole di membrana. Per indicare l'entrata di materiale nella cellula
si usa il termine greco endocitosi. Il processo può essere meglio specificato come pinocitosi, se ad essere
ingerito è un liquido, o fagocitosi, se si tratta di materiali solidi. La secrezione di macromolecole da parte
delle cellula viene detta, invece, esocitosi. Comunque, sia per l'esocitosi che per l'endocitosi, la fusione di
regioni separate del doppio strato lipidico avviene in almeno due fasi: prima si avvicinano strettamente l'una
all'altra e poi si fondono. Il trasferimento per endocitosi delle macromolecole attraverso le membrane
richiede il controllo da parte di meccanismi specializzati. L'endocitosi mediata da recettore, ad esempio,
dipende dalla presenza di molecole recettoriali nella membrana cellulare. A questi recettori si legano
determinate molecole o particelle, come proteine plasmatiche, ormoni, virus, tossine e varie altre sostanze
che non possono passare direttamente attraverso i canali della membrana. I recettori possono diffondere
lateralmente nel piano della membrana ma, in seguito all'unione con il ligando, i complessi formatisi
tendono a raggrupparsi in particolari invaginazioni della membrana chiamate fossette rivestite. Quest'ultime
servono a trasferire all'interno della cellula la sostanza legata ai recettori. Una teoria per spiegare come ciò
avvenga prevede la formazione di una vescicola che gemma verso il citoplasma. Questa si chiama vescicola
rivestita a causa dello stato proteico di clatrina che ricopre la superficie citoplasmatica della membrana. Una
volta che queste vescicole sono passate nel citosol, si pensa che esse si fondano con altri organelli, come i
lisosomi, all'interno dei quali viene rilasciato il materiale introdotto. La clatrina ed i recettori vengono poi
riciclati e reintegrati nella membrana plasmatica. L'esocitosi, invece, è l'opposto dell'endocitosi.
Nell'esocitosi vescicole intracellulari si muovono verso la membrana cellulare, si fondono con essa e
rilasciano il contenuto extracellulare. Le cellule usano l'esocitosi per portare verso l'esterno grandi molecole
lipofobiche, come le proteine sintetizzate all'interno della cellula, e per sbarazzarsi degli scarti lisosomiali
della digestione intracellulare. In generale, l'esocitosi coinvolge due famiglie di proteine: Rab, che aiutano le
vescicole ad aderire alla membrana, e SNARE, che facilitano la fusione delle membrane. Nell'esocitosi
controllata, di solito, il processo inizia con un aumento della concentrazione di Ca2+ intracellulare che
agisce come segnale. Gli ioni di calcio interagiscono con una proteina sensibile a questo ione, che a sua
volta provoca l'adesione delle vescicole secretorie alla membrana e quindi la fusione con essa. Quando l'area
di membrana fusa si apre, il contenuto della vescicola diffonde nello spazio extracellulare, mentre la
membrana vescicolare rimane parte della membrana cellulare. L'esocitosi, come l'endocitosi, richiede
energia nella forma di ATP.
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Fisiologia: un approccio integrato 16. Giunzioni tra le cellule
Negli animali, le cellule sono organizzate cooperativamente in strutture complesse chiamate tessuti. In
questi, le cellule adiacenti sono connesse tra di loro mediante speciali adattamenti delle loro superfici di
contatto. Queste strutture specializzate possono essere distinte in due gruppi principali: giunzioni
comunicanti (o gap junctions) e giunzioni strette. Le prime facilitano la comunicazione intercellulare
mediante piccoli canali acquosi mentre le seconde garantiscono la “cucitura” in lamine delle cellule. In
dettaglio, le giunzioni comunicanti favoriscono la comunicazione tra le cellule permettendo il passaggio di
ioni inorganici e piccole molecole idrosolubili direttamente dal citoplasma di una cellula al citoplasma
dell'altra. La distanza tra le due membrane di una gap junctions è di solo 2 nm. Inoltre, ciascuna delle due
membrane contigue contiene strutture esagonali che somigliano a delle ciambelle in miniatura i cui fori
centrali formano una via di comunicazione tra i citoplasmi delle due cellule adiacenti. La continuità di
questo corridoio attraverso le giunzioni comunicanti è stata dimostrata iniettando composti fluorescenti,
come la fluoresceina, in una cellula e seguendo poi la diffusione nelle cellule confinanti. Inoltre queste
giunzioni sono labili e si chiudono rapidamente in risposta a qualsiasi trattamento che provochi un aumento
delle concentrazioni di Ca2+ e H+. Le giunzioni strette, invece, saldano assieme le cellule in modo tale che
anche le più piccole molecole non possano passare. Le due membrane opposte formano punti di contatto
serrato che occludono completamente lo spazio intercellulare interposto. Questo tipo di giunzioni sono
particolarmente comuni nei tessuti epiteliali dove formano una zonula occludens, una stretta banda di
molecole proteiche che circonda una cellula come una sorta di guarnizione, formando così una barriera
impermeabile che impedisce il passaggio delle sostanze da un lato all'altro dell'epitelio per diffusione tra una
cellula e l'altra. Atri de tipi di giunzioni cellulari sono la zonula adherens ed il desmosoma. La loro funzione
è principalmente quella di facilitare l'associazione strutturale tra le cellule adiacenti.
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Fisiologia: un approccio integrato 17. Trasporto epiteliale
Strati di cellule epiteliali rivestono le cavità e le superfici libere del corpo degli animali e formano barriere al
passaggio di acqua e soluti da un compartimento corporeo ad un altro. Ogni organo o compartimento interno
di un animale possiede un simile rivestimento di cellule superficiali. Alcuni di questi strati cellulari servono
esclusivamente come barriere passive tra compartimenti e non partecipano al trasporto di acqua e soluti. In
altri casi, essi sono invece coinvolti nei meccanismi di trasporto attivo, svolgendo funzioni di regolazione.
Ad esempio, il trasporto attivo di ioni da un lato all'altro di un epitelio è stato dimostrato in molteplici tessuti
epiteliali, compreso la pelle degli anfibi. In questi animali, infatti, la pelle agisce come principale organo di
osmoregolazione. Il sale viene trasportato attivamente dalla superficie mucosa (cioè, il lato bagnato
dall'acqua dello stagno) alla superficie sierosa della pelle per compensare la perdita dello stesso sale
attraverso la pelle verso l'acqua dolce in cui vive l'animale La pelle della rana venne originariamente
utilizzata nello studio del trasporto epiteliale dai fisiologi Ernst Huf e Hans Ussig. La loro procedura
prevede, dopo il sacrificio della rana, la rimozione di un pezzo di pelle, di qualche centimetro quadrato,
dall'addome dell'animale. Dopo il prelievo il pezzo di pelle viene posto tra due metà di una camera di
Ussing. Una volta che la pelle viene fissata tra le due semicamere, viene introdotta una soluzione di prova,
per esempio una soluzione salina che riproduce la composizione ionica del plasma della rana, con la pelle
dell'animale che agisce da divisorio tra i due compartimenti. Il compartimento che si trova sul lato della
superficie sierosa può essere considerato come il compartimento interno mentre quello sul lato della
superficie mucosa rappresenterà il compartimento esterno. Nelle due soluzioni viene fatta gorgogliare
continuamente aria per mantenerle ossigenate. Nei primi esperimenti effettuati da Ussing, venivano utilizzati
due isotopi dello stesso ione per poter misurare i flussi bidirezionali, cioè il movimento simultaneo di quella
specie ionica nelle due direzioni opposte dell'epitelio. Si vide infatti, che in tutti gli esperimenti vi era un
flusso netto di Na+, attraverso la pelle di rana, diretto dal compartimento esterno a quello interno. Da queste
prime prove quindi si stabili che il flusso di questi ioni era il risultato di un trasporto attivo ma non si riuscì a
capire come gli ioni fossero capaci di attraversare la membrana cellulare due volte, prima entrando nella
cellula da un lato e poi lasciando la cellula dall'altro lato. Quindi si iniziò ad ipotizzare che la membrana
plasmatica della cellula epiteliale abbia proprietà differenti a seconda che si trovi a costituire la superficie
sierosa o quella mucosa dell'epitelio. Successivamente, si notò, in accordo con questo modello che una
pompa di scambio Na+/K+ è localizzata nella membrana esterna all'estremità sierosa della cellula epiteliale.
Questa membrana si comporta nella maniera tipica di molte membrane cellulari che pompano Na+
all'esterno in cambio del K+, mantenendo così un'elevata concentrazione intracellulare di potassio ed una
bassa di sodio. La situazione sul lato mucoso deve essere diversa. La membrana cellulare a questa estremità
della cellula è relativamente permeabile al K+. Inoltre, un influsso netto di Na+ attraversa questa membrana
rimpiazza il Na+ espulso dalla cellula all'estremità sierosa. Questo modello spiega perché gli inibitori della
pompa del Na+ agiscono solo sul lato sieroso dell'epitelio e perché le variazioni della concentrazione del K+
influenzano la velocità di trasporto nel Na+ solo su questo stesso lato. Vi è dunque un flusso netto di Na+
dalla superficie mucosa a quella sierosa, consentito dalle asimmetrie funzionali delle membrane alle due
estremità della cellula epiteliale.
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Fisiologia: un approccio integrato 18. Legge dell'equilibrio di massa e il trasporto dell'acqua
Per mantenere uno stato di omeostasi l'organismo utilizza il principio dell'equilibrio di massa. La legge
dell'equilibrio di massa dice che se la quantità di una qualche sostanza nell'organismo deve restare costante,
a ogni sua acquisizione deve corrispondere una perdita di eguale entità. Quindi, per poter funzionare
adeguatamente, i tessuti animali richiedono che la giusta quantità di acqua sia presente nel posto giusto in
ogni momento. La presenza dell'acqua è regolata attraverso gli epiteli. C'è da dire, inoltre, che in alcuni casi,
l'acqua passa attraverso un epitelio in assenza o addirittura contro un gradiente osmotico esistente tra le
soluzioni ai due lati dell'epitelio. Questo movimento energeticamente sfavorevole può essere riassunto in
due principali categorie:
(1) L'acqua è trasportata tramite un carrier specifico alimentato da energia metabolica;
(2) L'acqua è trasportata con un meccanismo secondario in conseguenza del trasporto dei soluti.
In quest'ultima ipotesi rientra il classico fenomeno dell'osmosi, in cui la diffusione netta dell'acqua in una
direzione è dovuta ai gradienti di concentrazione generati dal trasporto dei soluti. L'ipotesi osmotica del
trasporto dell'acqua ricevette slancio quando Curren dimostrò che un gradiente osmotico creato dal trasporto
attivo di sale da un compartimento all'altro dell'epitelio potrebbe, in teoria, produrre un flusso netto di acqua
attraverso l'epitelio stesso. Questa scoperta portò all'ipotesi del gradiente stazionario per il trasporto
dell'acqua accoppiato a quello dei soluti. Alla base di questa ipotesi vi è il trasporto attivo di sale attraverso
le porzioni delle membrane cellulari epiteliali che sono rivolte verso le fessure intercellulari. È stato
dimostrato che le membrane che delimitano le fessure laterali sono particolarmente attive nel pompare Na+
fuori dalla cellula. Ciò suggerisce che quando il sale viene pompato all'esterno della cellula in queste lunghe
e strette fessure, la sua concentrazione darà origine ad un gradiente osmotico tra gli spazi extracellulari ed
entrambi i lati delle giunzioni strette che uniscono le cellule epiteliali. A causa di questa elevata osmolarità
presente nelle fessure, l'acqua è attirata osmoticamente all'interno della fessura passando attraverso le
giunzioni, o possibilmente, dall'interno della cellula attraverso la membrana cellulare nello spazio
intercellulare. L'acqua che esce in questo modo dalla cellula dovrebbe essere rimpiazzata dall'acqua
chiamata osmoticamente all'interno a livello della superficie mucosa. In questo modo, quindi, l'espulsione
attiva e stazionaria del sale da parte di una porzione della membrana plasmatica crea un elevata
concentrazione negli stretti spazi intracellulari. Questa elevata concentrazione di sale provoca, a sua volta,
un flusso osmotico costante di acqua da un lato all'altro dell'epitelio. Il rene dei mammiferi è un esempio di
trasporto attivo attraverso gli epiteli, attraverso una regolazione omeostatica del contenuto di acqua.
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Fisiologia: un approccio integrato 19. Funzioni del rene
La principale funzione renale, oltre che la rimozione dei prodotti di scarto, è soprattutto la regolazione
omeostatica del contenuto di acqua e di ioni nel sangue, definita anche bilancio “idrosalino” o
“idroelettrico”. I reni, infatti, mantengono le normali concentrazioni di acqua e ioni bilanciando l'apporto di
tali sostanze con la loro escrezione nelle urine, secondo il principio di conservazione della massa. Le
funzioni renali, comunque, possono essere classificate in sei categorie generali:
1.Regolazione del volume del liquido extracellulare e della pressione arteriosa. Quando il volume del
liquido extracellulare diminuisce, diminuisce anche la pressione arteriosa e l'organismo non riesce più a
garantire un flusso ematico adeguato al cervello e ad altri organi vitali. Per questo l'apparato urinario e
quello cardiovascolare cooperano per assicurare il mantenimento della pressione arteriosa;
2.Regolazione dell'osmolarità.
3.Mantenimento del bilancio ionico. I reni mantengono le concentrazioni degli ioni fondamentali entro
ambiti di valori normali, bilanciando l'apporto dietetico con la perdita renale. Il sodio è il principale ione
coinvolto nella regolazione del volume extracellulare e dell'osmolarità, insieme al potassio e al calcio;
4.Regolazione omeostatica del pH. Le oscillazioni del pH plasmatico sono normalmente mantenute entro un
intervallo molto spesso. Se, però, il liquido extracellulare diviene troppo acido, i reni rimuovono l'eccesso di
H+ e trattengono ioni bicarbonato (HCO3-) che agiscono da tampone. Viceversa, quando il liquido
extracellulare diviene troppo alcalino, i reni rimuovono ioni bicarbonato e trattengono H+.
5.Escrezione dei prodotti di scarto. I reni rimuovono prodotti metabolici di scarto e sostanze estranee, come
farmaci e tossine. I prodotti metabolici di scarto comprendono la creatinina che deriva dal metabolismo
muscolare e i metaboliti azotati urea e acido urico, nonché prodotti del metabolismo dell'emoglobina, come
l'urobilinogeno, che conferisce alle urine il tipico colore giallo.
6.Produzione di ormoni. I reni sintetizzano eritropoietina, la citochina/ormone che regola la produzione dei
globuli rossi, la renina, un enzima che regola la produzione di ormoni implicati nel controllo della pressione
arteriosa, e altri enzimi che partecipano alla conversione della vitamina D3 in un ormone che regola il
bilancio del Ca2+.
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Fisiologia: un approccio integrato 20. Anatomia dell'apparato urinario
L'apparato urinario è costituito dai reni e da strutture accessorie. Lo studio della funzione renale è detto
fisiologia renale. Se seguiamo il percorso che una goccia d'acqua segue dal plasma fino all'escrezione nelle
urine, nella prima fase della produzione di urina, l'acqua e i soluti passando dal plasma a cavità tubulari
(nefroni) che costituiscono il parenchima tra i due reni. Questi tubuli modificano la composizione del
liquido che gli attraversa. Il liquido così modificato passa in un'altra cavità tubulare detta uretere. Ci sono
due ureteri, che collegano ciascun rene alle vescica urinaria. La vescica si espande ed è riempita dall'urina
fino a quando, per azione riflessa, si contrae ed espelle l'urina attraverso un'unica struttura tubulare, l'uretra.
Nell'uomo, l'uretra raggiunge l'esterno attraverso il pene, mentre nella donna, l'orifizio uretrale è localizzato
anteriormente agli orifizi vaginale e anale. I reni (150 grammi ognuno), comunque, rappresentano il sito di
produzione dell'urina e sono localizzati ai due lati della colonna vertebrale a livello dell'undicesima e
dodicesima costa e sono vascolarizzati dalle arterie renali. In generale, una sezione trasversale del rene
mostra che la struttura interna è organizzata in due strati: uno più esterno, la zona corticale, e uno più
interno, la zona midollare. Gli strati derivano dall'organizzazione di tubuli microscopici chiamati nefroni, le
unità funzionali del rene. Ciascun nefrone fra i milioni presenti in un rene è suddiviso in sezioni e ciascuna
sezione è strettamente associata ai vasi sanguigni specializzati, inoltre la maggior parte sono contenuti quasi
per intero nella corteccia (nefroni corticali) mentre i restanti penetrano nella midollare (nefroni
juxtamidollari, juxta=accanto).Il sangue, quindi raggiunge il rene attraverso l'arteria renale prima di passare
nelle arterie più piccole e infine nelle arteriole della porzione corticale. A questo punto l'organizzazione dei
vasi ematici diviene un sistema portale. Il sangue scorre nell'arteriola afferente attraverso una rete di
capillari detta glomerulo. Il sangue in uscita dal glomerulo fluisce in un'arteriola efferente, quindi in una rete
di capillari peritubulari, che circondano il tubulo. Infine, questi capillari si raccolgono in piccole vene, che
portano il sangue all'esterno del rene attraverso la vena renale. La funzione del sistema portale renale è
quella di filtrare dapprima liquido dal sangue nel lume del nefrone, a livello dei capillari glomerulari, quindi
di riassorbire liquido dal tubulo nel sangue a livello dei capillari peritubulari. Comunque, come dicevo
prima, il nefrone è diviso in più parti. Esso inizia con una struttura sferica cava, la capsula del Bowman, che
circonda il glomerulo. L'insieme di questi due elementi è detto corpuscolo renale. Da questa capsula il
liquido filtrato scorre nel tubulo prossimale, poi nelle anse di Henle, un segmento a forma d U che scende
verso la midollare e poi risale. Quindi l'ansa di Henle può essere divisa in due tratti, un tratto discendente e
un tratto ascendente, costituito da un segmento sottile e uno spesso. Il liquido si porta quindi nel tubulo
distale, che in alcuni nefroni, drenano in un singolo tubulo più grande, il dotto collettore. Un tubulo distale e
il suo dotto collettore costituiscono insieme il nefrone distale. A questo punto, i dotti collettori passano dalla
corteccia attraverso la midollare e drenano nella pelvi renale. Da questa, il liquido filtrato e modificato, che
ora è detto urina, passa agli ureteri per essere poi escreto.
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Fisiologia: un approccio integrato